Tra le più belle feste siciliane c’è certamente quella di San Corrado, patrono e protettore della città di Noto, la cui processione si volge ogni anno due volte (quattro considerando le “Ottave”, ovvero le domeniche successive) il 19 febbraio, in ricordo della sua morte, e l’ultima domenica di agosto, in cui viene ricordata la beatificazione del Santo avvenuta il 28 agosto del 1515. 

In occasione di queste festività, l’urna argentea contenente le spoglie mortali del santo, accompagnata dalle Confraternite e dai “Cilii”, grandi ceri decorativi sostenuti da fusti di legno che rappresentano la storia della sua vita, viene portata a spalla dai Fedeli Portatori, seguono la Banda Musicale e i fedeli, tra cui alcuni che scelgono di fare il loro voto nel “viaggio scausu” (viaggio scalzo) dalla propria città della diocesi sino al centro storico. La domenica successiva, Ottava della festa, nel pomeriggio, si svolge nuovamente la processione del santo patrono. Ogni dieci anni l’urna di San Corrado viene portata sempre in solenne processione fino all’Eremo di S. Corrado Fuori le Mura, Santuario dedicato al Santo, che si trova a 5 km dalla città.
Momenti di grande commozione e partecipazione popolare per la festa più sentita dell’anno. In prossimità dei festeggiamenti in onore di San Corrado, nella Cattedrale gremita di devoti, l’urna del Santo viene traslata dal luogo in cui è custodita, nella cappella a lui dedicata, ed esposta in modo da essere visibile a tutti i fedeli. L’urna, una volta svelata, viene spostata dalla cappella laterale, all’altare maggiore dove resta esposta fino alla fine dei festeggiamenti. A portare e scortare l’urna nel breve giro interno della Cattedrale tra i banchi dei fedeli, sono i fedeli portatori di San Corrado ed i portatori dei cilii.

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Curiosità. Le origini dei cilii non sono molto note, ma sembra che siano l’evoluzione degli intorci grandi, voluti dal canonico netino Pietro Ansaldo nel 1620. Difatti questi lasciò una cospicua rendita per abbellire la processione del 19 febbraio che lo stesso canonico definiva come la vera festa, dato che tale giorno segnava la morte del Santo. All’origine erano previsti solo due intorci grandi portati dai devoti del Santo, che anno per anno venivano aumentati di due fino al raggiungimento di dodici unità. Certo non si parla di “cilii” veri e propri, ma l’introduzione di questi intorci grandi che avrebbero dovuto illuminare l’arca argentea di San Corrado, possono essere considerati la nascita dei “cilii” che noi oggi vediamo. Il termine “cilii” viene menzionato, per la prima volta, solamente nella descrizione della processione di San Corrado fatta da Giuseppe Pitrè in “Feste Patronali in Sicilia” del 1900.
L’idea del canonico Pietro Ansaldo di far fermare il numero dei “cilii” a dodici fu ben presto superata, infatti l’inserimento dei “cilii” fu ben accolto dalle famiglie nobiliari del tempo che la fecero a gara per possedere un proprio “cilio” , ritenendo motivo d’orgoglio la partecipazione alle processioni di San Corrado con un “cilio” del proprio casato, che spesso veniva portato da un loro familiare o da un loro servitore. Oggi la maggior parte dei “cilii” sono di proprietà degli stessi portatori, ciò nonostante vi è ancora qualcuno che porta il “cilio” per conto di qualche famiglia nobile come ad esempio quello del Principe Nicolaci di Villadorata che è stato affidato all’associazione “portatori dei Cilii” per essere portato in processione. Oggi tutti i portatori dei “cilii” sono associati e vestono un’unica divisa che per la processione di febbraio è costituita da un giubbino di colore verde, colore scelto in quanto uguale al drappo che adorna l’urna di San Corrado al di sotto dei grifoni, e da scarpe e pantaloni neri, mentre per la processione di agosto, la divisa è costituita da una polo di colore bordeaux, colore scelto in quanto uguale ai colori della bandiera della città di Noto, e da pantaloni e scarpe nere. 

San Corrado

Biografia di San Corrado. Corrado Confalonieri (Calendasco, 1290 – Noto, 19 febbraio 1351) fu un penitente, terziario francescano e pellegrino, condusse una vita anacoretica, da eremita; è venerato come santo dalla pietà popolare, è un beato per la Chiesa cattolica che ne celebra la memoria liturgica il 19 febbraio.  
Discendeva dalla nobile casata dei Confalonieri che, oltre ad abitare in Piacenza, avevano vasti feudi assegnati loro quale privilegio di essere una famiglia guelfa fedele alla Chiesa. Era dunque un nobile cavaliere, “salvato dal foco per mano di Dio”, che decise di farsi eremita in Sicilia in seguito ad uno spiacevole evento di gioventù: nei dintorni del paese, in una zona fitta di boscaglie (la tradizione parla di Case Bruciate, vicino a Carpaneto Piacentino – anche se recenti studi indicano una nuova località sita tra San Nicolò, frazione di Rottofreno, e Calendasco – e questa vasta area agricola di circa 200 pertiche piacentine è chiamata col nome di ‘La Bruciata’), Corrado si trovava a caccia con una compagnia di amici e familiari. Quel giorno la caccia non diede buon esito e Corrado ordinò di appiccare il fuoco alle sterpaglie per stanare la cacciagione ma, complice il forte vento, il fuoco in un attimo bruciò tutto ciò che incontrava, tra cui boschi, case e capanne. Spaventati ed impotenti di fronte a questo evento, Corrado e i suoi scapparono verso casa, decisi a non far trapelare la verità. Non appena la notizia si propagò in città, si credette che l’incendio fosse stato appiccato dai Guelfi per colpire l’attuale governanza ghibellina e subito si scatenò la caccia al responsabile, che venne individuato in un povero contadino. La notizia della condanna colpì l’animo di Corrado, che non riusciva a darsi pace per quello che era successo a causa sua. Non esitò quindi ad interrompere il corteo punitivo ed a chiedere udienza al Signore di Piacenza, al quale dichiarò la propria colpevolezza, subendo la pesantissima pena della confisca di tutti i terreni per risarcire il danno fatto (in quanto nobile, evitò le punizioni corporali).
Questo evento segnò profondamente la vita di Corrado, che negli anni successivi si avvicinò sempre più alla fede: vestì infatti l’abito penitenziale francescano ritirandosi nell’eremo nei pressi di Calendasco (detto del “gorgolare” da uno storico siculo) e guidato da frate Aristide. Essendo infatti l’hospitale di questi fraticelli sulle terre presso il suo feudo calendaschese, egli ben conosceva il loro esemplare modo di vita, affidato tutto alle sole parole del Vangelo.
Fu così che Corrado, in accordo con la moglie Giovannina, decisero entrambi di votarsi alla religione: lui francescano terziario, lei clarissa. Nel progredire nel suo stato religioso ebbe modo di riflettere sulla sua scelta fino a prendere la decisione di lasciare Piacenza e tutte le cose materiali per dedicarsi alla propria anima ed alle cose eterne, così che, intorno al 1315, lasciò la città.
Nel suo lungo peregrinare, eremita itinerante secondo la tradizione francescana, Corrado attraversò l’Italia verso sud, pregando sulle tombe degli Apostoli a Roma, finché non giunse nella sua meta definitiva, Noto, intorno al 1340. Qui legò una stretta amicizia con Guglielmo Buccheri, già scudiero di Federico II d’Aragona, che le vicende della vita portarono a fare una scelta d’eremitaggio simile a Corrado. Buccheri ospitò Corrado nelle cosiddette Celle, un quartiere isolato nei pressi della Chiesa del Crocifisso, dove rimase per circa due anni, per poi ricominciare le sue peregrinazioni quando il suo eremitaggio fu compromesso dalle sempre più numerose genti che chiedevano preghiere e consigli.
Corrado si trasferì nella Valle dei Pizzoni, zona remota e desertica, il suo unico pensiero era avvicinarsi a Dio. La sua era una vita ascetica al pari dei grandi Padri del deserto.
Corrado morì nella sua grotta il 19 febbraio 1351 con al suo fianco il confessore. Il racconto narra di un trapasso avvenuto in ginocchio e in preghiera con gli occhi al cielo, posizione mantenuta anche dopo il trapasso, mentre una luce avvolgeva la Grotta dei Pizzoni. Inoltre, si tramanda che le campane della città si misero a suonare da sole.
Oggi l’eremo di S. Corrado ingloba la grotta dell’eremita, una nuda grotta rocciosa ove visse in preghiera e contemplazione. Nell’eremo vi è anche un bel Museo con esposti gli ex voto per le grazie ricevute, quali ad esempio arti artificiali: una testimonianza concreta della continua grazia che i devoti ricevono per intercessione di san Corrado.
Venne seppellito nella Chiesa di San Nicolò a Noto Antica, secondo le sue volontà. In seguito il corpo venne traslato nella Cattedrale di Noto dove è venerato da parecchi secoli.

santuario san corrado

Miracoli. Vengono attribuiti a San Corrado alcuni miracoli:

  • Durante una delle sue visite a Noto, Corrado incontrò un suo vecchio conoscente, il nobile Antonio Sessa di Daverio, il quale soffriva da tempo di ernia. Alla vista dell’amico dolorante, Corrado ne ebbe compassione e, dopo aver pregato per lui, questi immediatamente guarì dai suoi dolori.
  • Un altro avvenimento miracoloso è considerata la guarigione del figlioletto di un amico sarto, che soffriva anch’egli di un’ernia assai sviluppata.
  • Il più famoso rimane il cosiddetto miracolo dei Pani, che Corrado avrebbe compiuto durante la terribile carestia che colpì la Sicilia negli anni 1348-1349, causata dalla peste nera che imperversava. Secondo la leggenda, in quel periodo, chiunque si rivolgesse a Corrado, non tornava a casa senza un pane caldo, impastato direttamente dalle mani degli Angeli.

Beatificazione. L’iter relativo alla beatificazione di Corrado Confalonieri di Piacenza è assai ricco di sviluppi. Già subito dopo la morte si avviarono le procedure, per le quali il vescovo locale poteva procedere all’elevazione agli altari di una persona vissuta in virtù eroiche testimoniate oltre che dalla vita stessa anche da persone viventi che lo avevano conosciuto. Lo stesso vescovo di Siracusa (sotto la cui cura ricadeva all’epoca anche la città di Noto), aveva assistito personalmente al miracolo dei pani compiuto da Corrado: il vescovo accertò di persona che egli viveva in una grotta nelle montagne netine senza nulla di ciò che serve alla vita comune, eppure Corrado porse al vescovo del pane caldo e fragrante, meravigliando lo stesso che ne riportò fedele memoria. Subito dopo la morte dell’eremita si diede inizio alla causa. Sospesa poi per cause legate ad eventi politici e civili, riprese nel 1400, ancora nel 1500 e si concluse positivamente. Fu beatificato da papa Leone X nel 1515.
Papa Urbano VIII concesse Ufficio e Messa propria agli Ordini Francescani il 12 settembre 1625, mentre a Piacenza il 2 giugno 1625 con decreto del cardinale Odoardo Farnese si pose giorno di Festa feriale obbligatoria il 19 febbraio con solenne Pontificale in Cattedrale. Intanto nel 1612 nella cattedrale piacentina si era eretta una suntuosa cappella affrescata; nel 1617 si eresse una cappella in Calendasco.

 

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